PRESENTAZIONE FILOSOFICA di IPOTESI SULLA REALTÀ

La coscienza è il teatro, e precisamente l'unico teatro su cui si rappresenta tutto quanto avviene nell'universo, il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto, e al di fuori del quale non esiste nulla
(Erwin Schrödinger, fisico)

Fin dalla sua nascita, avvenuta nel XVII secolo, la Scienza moderna ha escluso il concetto di "mente" dal mondo oggettivo che intendeva studiare.
Dovendo spiegare tutto in termini rigorosamente materialistici, nei secoli successivi la Scienza ha inevitabilmente considerato la "mente" come un aspetto secondario della natura, nato per caso sul nostro pianeta e confinato nel cervello dell'uomo e degli animali superiori.
Ma le sorprendenti scoperte della fisica di questo secolo potrebbero sconvolgere questa concezione "ottocentesca" della realtà.
Al livello della fisica sub-atomica esistono solo campi di energia, che vibrano o si propagano per onde (come la luce): l'aspetto "solido" della materia è solo un risultato grossolano dovuto al gioco delle forze sub-atomiche, le quali derivano da un unico campo fondamentale che Einstein definì "campo unificato".

In pratica, l'universo che sembrava intrinsecamente materiale ha rivelato che la sua essenza fondamentale è pura energia immateriale (non molto diversamente da quanto immaginava Berkeley, filosofo del secolo XVIII che reagì all'illuminismo materialistico con il suo "empirismo idealistico").
I campi fondamentali di energia che costituiscono la base della realtà fisica, obbedendo alle leggi proprie della fisica quantistica, manifestano un ordine intrinseco che rivela, al livello del campo unificato, l'intelligenza più profonda della natura.

Einstein ed altri scienziati si sono spesso meravigliati del cosiddetto "parallelismo tra pensiero e leggi fisiche", cioè del fatto che le leggi naturali siano esprimibili in termini logico-matematici (ovvero in termini di "leggi del pensiero"). Nella concezione che stiamo per esporre ciò non è affatto sorprendente, poiché realtà oggettiva e pensiero soggettivo nascono direttamente da un'unico principio. Come disse Hegel, "Ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale" (e già Schelling aveva sottolineato che la fisica, con le sue leggi, stava riducendo il mondo "materiale" a puro pensiero).

Ovviamente occorre prestare attenzione alle differenze di linguaggio tra la filosofia occidentale e tra la filosofia qui proposta, di origine orientale. Per esempio il termine "Essere" viene inteso da Hegel e dagli altri idealisti occidentali come "realtà esterna percepibile" o come "realtà cosiddetta oggettiva", mentre Maharishi usa il termine "Essere" per identificare l'Entità fondamentale ed assoluta dell'universo (simile al concetto di Idea in Hegel). Nella filosofia indiana l'Essere è il Brahman, che è contemporaneamente privo di attributi (essendo Assoluto) e dotato dei tre attributi fondamentali Sat-Chit-Ananda (Esistenza o Realtà, Consapevolezza, Beatitudine).

Tornando al tema iniziale: una straordinaria conferma scientifica a favore di questa concezione è stata ottenuta in alcuni recenti esperimenti in cui si è verificata un'influenza della consapevolezza umana su dispositivi fisici (progetto PEAR e progetto Noosphere) presso la Princeton University, con particolare riguardo ai disposivi REG).

Un altro aspetto soprendente e di cruciale importanza è il seguente.
La fisica quantistica, che descrive questi livelli fondamentali della realtà, presenta incredibili paradossi che coinvolgono l'osservatore cosciente: l'universo non si trova in uno stato puramente "oggettivo", poiché un sistema fisico può comportarsi in modi diversi a seconda della conoscenza che ne ha l'osservatore! Negli ultimi anni tale inaspettata natura della realtà fisica è stata confermata da vari esperimenti, ma l'argomento è rimasto pressocché sconosciuto all'opinione pubblica (e perfino a molti scienziati).

Per fortuna alcuni semplici esperimenti condotti negli ultimi anni su dei fasci di luce laser ha reso più comprensibile questa tematica (Le Scienze n.235, 1988;
Le Scienze n.289, 1992). A tale riguardo si consiglia vivamente la lettura dell'articolo: LE SCOPERTE DELLA FISICA QUANTISTICA.
Tale articolo, oltre ad introdurre i nuovi concetti imposti alla scienza dalla fisica quantistica, espone alcune questioni di grande rilevanza filosofica, come l'esistenza del "libero arbitrio" negli esseri coscienti (paragrafo 8), resa possibile dal principio di indeterminazione di Heisenberg, che lascia un margine di "indeterminazione" (per l'appunto), e permette così un allontanamento dal "determinismo assoluto" in cui credeva la fisica ottocentesca.

Inoltre l'articolo in questione dimostra al di là di ogni dubbio che la concezione materialistica ed oggettivistica dell'universo (il cosiddetto "realismo di Einstein") deve necessariamente lasciare il posto ad una nuova concezione, che in filosofia si direbbe decisamente "idealistica". Infatti gli "stati" fisici in cui si trovano gli oggetti dell'universo (a livello microscopico) sono degli stati "astratti", che portano in se delle potenzialità fisiche ma non sono definiti oggettivamente fino al momento della misura da parte dell'osservatore: insistere nel costruire un'immagine oggettiva di tali stati nello spazio, conduce ad incredibili paradossi (che vengono abbondantemente descritti nel lungo articolo in questione).

In definitiva, anche se molti scienziati non se ne rendono conto (o non vogliono farlo), tali scoperte (che riguardano fatti reali ed incontrovertibili ed hanno permesso concrete innovazioni tecnologiche) ci riportano verso una concezione simile alla visione di vari filosofi "idealisti" (da Platone a Schelling, da Berkeley a Fichte e ad Hegel), secondo cui la realtà naturale è solo una manifestazione di un principio mentale universale (ovviamente si raccomanda la dovuta attenzione sulle differenze di linguaggio, come già evidenziato sopra).

La concezione della realtà che sembra delinearsi da queste scoperte presenta straordinarie affinità con le concezioni della tradizione orientale, ed in particolare della filosofia indiana, la cui concezione può essere definita un
"monismo idealistico" (non molto diverso da quello di Plotino o di Schelling, sempre riservando la dovuta attenzione alle differenze di linguaggio). Secondo la filosofia indiana, ogni manifestazione in natura nasce da un unico principio trascendentale, il Brahman, che è pura ed infinita potenzialità immanifesta. Il concetto in questione è praticamente identico a quello accettato nella fisica contemporanea, in cui ogni particella o campo di forze è una manifestazione di un unico "campo unificato", ovvero una perturbazione dello stato di "vuoto quantistico".
A tale proposito si invita a leggere l'articolo di presentazione scientifica.

Secondo la filosofia indiana inoltre l'intima natura del Brahman è "pura consapevolezza indifferenziata". Ed infatti gli incredibili esperimenti di cui si è parlato sopra a riguardo della fisica quantistica confermano l'esistenza di paradossi di "natura mentale" nella realtà fisica a livello fondamentale.
Infine le tecniche mentali riscoperte ed insegnate da Maharishi Mahesh Yogi, Maestro indiano laureato in fisica, permettono di identificare lo stato di "pura consapevolezza" sperimentabile soggettivamente, con il "campo unificato" studiato oggettivamente dalla fisica contemporanea.

Le tecniche di Maharishi permettono il raggiungimento di "stati superiori di coscienza" che esteriormente si manifestano con un'altissima coerenza delle onde cerebrali, capace di produrre incredibili fenomeni, come l'Effetto Maharishi, ed anche con delle modificazioni psico-fisiologiche fortemente benefiche per l'individuo che pratica le tecniche in questione. Ma per approfondire questi temi si rimanda agli altri articoli, in particolare al già citato articolo di presentazione scientifica
e all' articolo di presentazione medico-psicologica.

In definitiva la nuova concezione che si delinea da queste conoscenze supera le desolanti convinzioni che considerano l'uomo come un accidente del caso e gli restituiscono la sua piena dignità di Re dell'universo.
Non si tratta necessariamente di un ritorno all'antico antropocentrismo.
Si tratta semplicemente di riscoprire l'importanza dell'esistenza della consapevolezza nell'universo e (poiché il campo unificato va inteso come un principio psico-fisico e non solo fisico) di considerarla come fenomeno fondamentale e forse come scopo dell'universo stesso (concezione finalistica).

Nota: anche se non vogliamo parlare di "antropocentrismo" (ma semmai di "psicocentrismo", ovvero una concezione basata sulla consapevolezza), occorre notare che nel 1970 l'astrofisico Brandon Carter formulò il cosiddetto "principio antropico", basandosi su sconcertanti indizi solitamente ignorati, che sottolineerebbero l'esistenza di "incredibili coincidenze cosmiche" le quali avrebbero permesso la vita dell'uomo e rivelerebbero in realtà che lo scopo stesso dell'universo sarebbe appunto la nascita dell'uomo (per esempio si veda l'articolo "L'universo come parte di noi" di J.Gribbin, L'Astronomia n.97, 1990). Va anche precisato che successivamente altri scienziati hanno modificato e banalizzato il "principio antropico" proponendo una versione cosiddetta "debole", che ne snatura e ne stravolge il significato originario attribuitogli da Brandon Carter.


Nota sull'autore della citazione all'inizio di questa pagina.
Erwin Schrödinger, fisico austriaco (Vienna 1887-1961), premio Nobel nel 1933, celeberrimo per aver sviluppato la geniale equazione d'onda che sistema definitivamente la meccanica quantistica, teoria cardine della fisica moderna.
Versatile, eclettico e dotato di una visione completa della vita e della realtà, fu anche il primo scienziato ad intuire l'esistenza del DNA, che egli chiamò "cristallo aperiodico", parecchi anni prima che i biologi Watson e Crick lo scoprissero ufficialmente (riconoscendo poi di essere stati ispirati dalle sue indicazioni).
Dotato anche di una straordinaria intuizione filosofica, egli può essere considerato a tutti gli effetti un erede dell'idealismo di Kant, Fichte e Schelling, sebbene si dichiarasse seguace di Schopenhauer. Facendo spesso riferimento al Vedanta di Shankara, si dimostrò anche un profondissimo estimatore dell'idealismo indiano.
Molte pagine del libro "Ipotesi sulla realtà", per esempio nel cap.4, sono state da lui ispirate.

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